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Flavia Monte – Torsa di Pocenia

FLAVIA MONTE –  Mi chiamo Monte Flavia ho presto 68 anni e sono di Torsa.

INTERVISTATORE – Nata, cresciuta a Torsa?

FLAVIA MONTE – Sì, e morirò a Torsa, penso.

INTERVISTATORE – Cosa ti piaceva fare quando eri piccola?

FLAVIA MONTE – Eh beh io… Cosa mi piaceva fare? Non lo so, non mi ricordo… facevo cose, andavo via con le amiche a giocare di casetta. Quelle cose lì si facevano.

INTERVISTATORE – E com’era questo gioco?

FLAVIA MONTE – Era un gioco, si faceva ad esempio, nel chiot, del purcit. Sì, quando… una volta che non c’era, sì, noi avevamo, io avevo delle tazzine, mettevo della farina dentro e con una candela si faceva la zuppa. Si giocava con una balla di quelle di fieno. Si faceva il il letto, si, si faceva un po’ anche… e col cartone, anche si fumava, col cartone coi buchi. Moi fumavamo, facevamo proprio la famiglia moderna. Ecco, e dopo si giocava i soliti giochi da bambini e con la corda mi ricordo. E dopo… o da soli con la corda, così come fanno i pugili, oppure due bambine di qua e di là ci facevano saltare, ecco, oppure a Cavalletta dopo il Rosario che era quello il motivo, e dopo altri…

INTERVISTATORE – Com’era Cavalletta?

FLAVIA MONTE – Eh, uno si si appoggiava al muro e agli altri andavano sopra, il saltavano 1, 2, 3,4. Quattro andavano tutti addosso, saltavano sopra a quello che stava sotto. Sì, dopo, finché proprio crollava la  cosa li… crollavano i bambini, andavano per terra. E poi si giocava anche, più che altro I maschi però erano, con le biglie che erano… chi era più ricco, diciamo, aveva aveva le biglie di vetro, sennò erano quelle di come si dice lì… terracotta e si giocava, faceva i gruppus, lì… e con una si vinceva… Si giocava così.

Sempre per strada, però sempre. Ecco che quella volta passava una macchina ogni tanto…

E dopo mi piaceva, neanche giocare, mi piaceva, vestire le bambole perché io ho una cugina di mio papà che è sarta, molto brava. E allora io prendevo i pezzetti di tela, facevo la gonna e l’ arricciavo, così, facevo così.

E infatti una volta una volta volevo fare una gonna per una mia bambola e non trovavo la tela, dopo trovato una bella tela l’ho tagliata, non lo chiesi alla mamma, l’ho tagliata una bella gonna arricciata tutta larga. Mia mamma si è accorta.

Avevo tagliato un pezzo di, il pezzo di tela che doveva fare, un copriletto. Non è riuscita a fare un copriletto. Ne ha fatto uno piccolo. Ecco tanto, quello era un diciamo tra virgolette, i giochi.

E poi si ci si correva indietro coi ragazzi, con miei fratelli, quelli lì si robe Robe così. E dopo di altri giochi.

Ehm sì di di casetta o anche di maestre perché avevamo una maestra che ci dava dei quaderni e che servivano a lei, dei libretti che servivano a lei per insegnare ai bambini e a fine anno ce li dava e noi con quelli, io con con 1, 2 amichette li prendevamo e giocavamo di maestra e alunno. Ecco, anche quello un po succose su queste cose, cose vere. Ecco insomma, eh, ma quella più bella, quando facevamo da mangiare e fumavamo il cartone.

E dopo…

Si e dopo altre cose non so.

Eh, lì s’era quando ero piccola, proprio.

E poi non faccio beh, ma quello non c’entra coi giochi. Era un impegno che si giocava, non si giocava, facevo teatro all’asilo. Io mi, non so se c’entra, si faceva teatro l’asilo. Io mi ricordo che ho fatto un Biancaneve, ho tutto il vestito eh?

E dovevo morire e ho mangiato, ho preso la mela.

E gli ho dato il morso e dopo era morta, ma però mangiavo ancora, masticavo.

Oppure preparavo la tavola per i nani e mi ricordo che mi avevano detto, che le signore che erano a vedere questo teatrino: “ma che brava, come prepara bene la tavola”.

E dopo quella più bella è che quando è venuto il principe azzurro, che era vestito d’azzurro, ma era vestito da Topolino, perché non aveva due costumi e loro avevano tolto la coda ed era rimasto così, ma era un bel ragazzo diventato e quello era il mio principe azzurro. Mi ero baciata solo che era vestito da Topolino. Si robe così che si facevano, però son bei ricordi che ricordo ancora come per esempio, mi ricordo che avevo il coniglio vivo, una trama sempre con il coso del latte col latte, è vero, gli angioletti appesi con appesi erano appesi sulla capanna sopra legati.

E mi ricordo del del coniglio che abbiamo dovuto correre per il cortile del dell’asilo perché era scappato, tutte robe vere. Ecco insomma, ecco, io son queste cose che mi ricordo si.

Che mi sono rimaste anche se ero piccola, avevo tre anni, anche meno e son cose che rimangono però sempre con cose inventate o cose vere, come oggetti veri. E così dopo non lo so, cosa vuoi sentire da me?

INTERVISTATORE – Un luogo o un oggetto particolare è un posto che potrebbe essere anche la vetrina del.

Negozio

FLAVIA MONTE – Ah, quella famosa vetrina a beh, quello era un po ‘più grandina. Mi pare, non so se ero già elementari.

Che c’era, la vetrina, c’era il pezzo di marmo dove ci si sedeva anche e io avevo un fratello.

E siccome io volevo far da piccola la ballerina, io andavo in piedi sul marmo, non so come si dice. Insomma, su questo mi metteva in piedi  poi mi alzava, mi metteva giù come le ballerine. Il ballerino che alza la ballerina, Eh solo che io avevo…Lui era un po’ più alto di me, era molto magro, io invece ero bella grossa, quindi era un lavoro per lui, però lo faceva quello, me lo ricordo ancora. Oppure una cosa che ricordo di quella che è diventata mia cognata dopo con gli anni che era, viveva in Francia, era nata in Francia, che io mi sono sbucciata son caduta, mi sono sbucciata il ginocchio e la sua mamma mi ha portato quel disinfettante rosso, che cos’è?

E io ero tutta contenta perché nessuno a torsa aveva quello… Io mi era fatta male ma ero contenta. Si ebbe così stupida, che ci si… proprio si accontentava di poco, di quelle stupidaggini.

E dopo…se giocavo giocavo a casa, oppure da un’amica, sempre andare da un’amica vicina perché  non mi lasciavano andare via perché mi diceva in torseone (?), e allora non sempre potevo andare eh, ma si giocava anche a casa nel cortile, avevo il cortile di qualche amica, così si cercava di non… sì io non potevo andare lontano perché dopo erano cavoli amari. Se tornavo a casa eh 

Eh, e dopo…boh. In giro non andavo in pratica per evitare.

INTERVISTATORE – C’erano delle storie che venivano raccontate ai bambini. Eh, non so… dei nonni anche?

FLAVIA MONTE – No, no, io so che mio nonno aveva una cantina.E che c’era un tavolo e non c’era l’energia elettrica, non c’era la luce però con una candela accendeva la candela, e dopo io e anche miei fratelli, che lui aveva fatto la prima guerra mondiale naturalmente, e anche quella guerra dell’Africa, e noi li stavamo lì ad ascoltare le le storie di guerra di dove era stato e quando ha rischiato, in guerra d’Africa ha rischiato di di essere ucciso che si è si è voltato un momento, c’era già l’arabo col pugnale, pronto a ammazzarlo. Quelle storie lì, oppure quando avevano tanta fame, mangiavano i topi. Ma lui ci raccontava le sue storie e noi sì, noi piaceva star lì ad ascoltare quelle storie lì, eh…così…no, di piccola io a me piaceva cantare anche quello, ma io era già che sapevo leggere, io andavo via, ma quella volta mio papà aveva il bar col televisore e la gente veniva lì, anche con la sedia e sentirsi Sanremo e io volevo e mi facevo prendere un libricino che era in edicola con tutti i testi delle canzoni e io mi ricordo che lo prendevo me le, me le cantavo. Insomma, così come mi piaceva quella cosa lì. Ecco e poi vedere la la televisione, tanta gente con questi, con ognuno portava la sedia da casa, pieno, a sentire San Remo.

Quello io me lo ricordo bene.

INTERVISTATORE – Che Sanremo erano che anni erano?

FLAVIA MONTE – Eh anni…60, fine 50. Si Eh. Sono il 55, quindi son quegli anni lì. E anche mi piaceva sentire come ho detto da sì, abbiamo mio nonno, ma anche la televisione. Il periodo del dell’anniversario della prima guerra mondiale facevano i documentari,veri. A me piaceva vederli. Ecco, ecco e anche lì c’era tantissima gente perché era gente che l’aveva fatta quella guerra. Quindi figurati, a me piaceva stare ad ascoltare queste cose.

E poi, vabbè.

Non ricordo altro, non mi pare.

INTERVISTATORE – Ti chiedo un’ultima cosa, che le chiediamo a tutti per finire il nostro progetto si chiama SEME…e quindi chiediamo a tutte le persone se vogliono lasciare come un seme un qualcosa che si lascia e che poi germoglierà in un futuro come una speranza per il futuro.

FLAVIA MONTE -Io spero che ci siano più bambini, perché se andiamo avanti così è dura.

Spero che siano, che i bambini, i prossimi bambini vivano più da bambini e non da adulti con tanti impegni che non riescono neanche a vivere la loro fanciullezza sono talmente impegnati, stressati, come si dice adesso, una volta non era così, non vivono la loro fanciullezza Eh. E vengono su anche, anche perché i genitori vogliono che abbiano delle belle prestazioni, anche complessati tormentati. Non vivono sereni. Io vedo i bambini adesso.

E pure qualche volta quando vedo certi bambini.

Che nella pezzetta del mio paese. Perché io no? Io una volta vedevo tanti bambini, adesso non si vedono. Non ci sono però dopo adesso che il mese di maggio si fa il Rosario, eh vengono un po’ di bambini e poi la cosa più bella per loro e anche per me la vederli quando escono sono come uccellini che che girano in giro per giocare insieme, ecco, si corrono dietro così, con cose semplici, no eh, e vedi che son così contenti e io dico, è così bello, lì vivono

da bambini proprio no? Con… ecco vorrei per i prossimi bambini i bambini che cresceranno un po’ di serenità per loro perché non sono non li vedo….Sì, eravamo più sereni e anche più fiduciosi nell’avvenire.

E qualcuno può dire che forse erano illusi, però io non lo so, ma almeno la fanciullezza la vivi.

da bambino ecco, non da grandi, ecco come…non hanno e hanno anche meno. Vabbè, ci sono meno bambini, quindi ci son pochi che sono che si vedono assieme perché uno abita qui, uno in fondo è diverso. Noi, nel che nei cortili c’erano sempre bambini.

Però almeno vivere ogni tanto da bambini un po’ più sereni, quello sì.

Eh, grazie, basta.

Se.Me.
Sentieri della memoria

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